Burocrazia
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I costi della burocrazia in Italia

l’Italia è uno dei paesi con il peggior carico burocratico d’Europa. Questo costa alle imprese italiane 57 miliardi di euro, l’equivalente di una manovra economica.

Quanto costa la burocrazia in Italia? Negli anni sono state fatte diverse indagini sul tema, tutte dagli esiti piuttosto allarmanti. Gli imprenditori italiani denunciano una vera e propria oppressione burocratica, insostenibile per molte realtà aziendali.

 

La burocrazia frena lo sviluppo del Paese

L’economia italiana attraversa un periodo difficile. Dopo un lungo periodo di crisi, dopo la pandemia, si affrontano ora difficoltà nel reperimento delle materie prime. Il caro energia complica ulteriormente il quadro. Di fronte a tante difficoltà in molti riflettono su come migliorare la situazione, agevolando una ripresa che tarda ad arrivare. Gli imprenditori chiedono a gran voce un alleggerimento del carico fiscale delle imprese e un’effettiva semplificazione burocratica. E da questo punto di vista, i dati confermano che c’è un’emergenza.

 

Peggio dell’Italia solo Romania, Bulgaria e Grecia

Secondo l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, basato su analisi elaborate dall’Istituto Ambrosetti e da Deloitte, l’Italia è uno dei paesi con il peggior carico burocratico d’Europa. Ogni anno la burocrazia viene a costare alle imprese italiane 57 miliardi di euro, l’equivalente di una manovra economica e di circa 3 punti di PIL. Peggio dell’Italia solo Romania, Bulgaria e Grecia. Secondo PwC Italia, aprire un bar, un’officina o un’impresa edile in Italia può costare fino a 20.000 euro, tra tasse, costi di consulenza e tempo dedicato all’adempimento di procedure amministrative. In Italia la burocrazia è uno dei più grandi freni alla nascita e allo sviluppo di nuove attività.

 

La spesa burocratica per le aziende italiane: i dati

Secondo uno studio dell’Osservatorio sulla Semplificazione di Assolombarda Confidustria Milano e Monza Brianza, il peso della burocrazia sul fatturato annuo di un’impresa equivale al 4% per le piccole imprese e al 2,1% per le medie imprese. La spesa media annua varia dai 108.000 ai 710.000 euro annui. Ogni anno le imprese dedicano all’adempimento delle pratiche burocratiche un lasso di tempo che va da 45 ai 190 giorni di lavoro di un dipendente. La burocrazia italiana non è solo lenta, ma anche incredibilmente complessa. Gli imprenditori denunciano confusione tra norme e un grande discrezionalità nella loro applicazione, un forte disomogeneità dei procedimenti e grandi difficoltà di comunicazione con la Pubblica Amministrazione. Sempre secondo lo studio dell’Osservatorio sulla Semplificazione di Assolombarda Confidustria Milano e Monza Brianza, il 58% degli operatori finanziari internazionali ritiene che la prima causa del mancato investimento sul mercato italiano sia il carico normativo e burocratico decisamente fuori dalla norma.

 

Il divario tra Nord e Sud

La situazione è critica ovunque, ma le disparità tra Nord e Sud rendono il quadro ancora più complesso. Nel Mezzogiorno la Pubblica Amministrazione mostra carenze sistemiche molto gravi. Difficilmente gli investitori stranieri scelgono nelle regioni del Sud. I dati parlano chiaro: le regioni più produttive sono quelle in cui anche l’Amministrazione Pubblica si dimostra più efficiente. Dove il pubblico e le amministrazioni sono in difficoltà, nemmeno il settore privato riesce a decollare. La differenza non si nota solo tra regioni del Nord e del Sud, ma anche tra regione a statuto ordinario e le regioni a statuto speciale. Secondo una ricerca sulla qualità delle istituzioni regionali in Europa svolta dall’Università di Göteborg nel 2021, la prima regione per qualità istituzionale italiana è la Provincia autonoma di Trento, seguita dal Friuli Venezia Giulia, dal Veneto e dalla Provincia Autonoma di Bolzano. L’analisi si è basata su 208 differenti realtà territoriali europee. In questa classifica, la Provincia autonoma di Trento arriva solo al 100 posto. Tra le regioni più in difficoltà c’è la Calabria, che si trova al posto su 207 su 208 realtà analizzate. Ultima in classifica la regione rumena di Bucaresti-Ilfov.

 

Come invertire la tendenza?

Sempre secondo l’Ufficio studi CGIA, è possibile invertire questa tendenza imboccando tre vie: la prima è quella di una digitalizzazione estesa del rapporto tra Pubblica Amministrazione e imprese. In secondo luogo è necessario standardizzare i procedimenti burocratici e tutta la modulistica a questi collegati. Non da ultimo, occorre riorganizzare le competenze di chi opera negli enti pubblici, riducendo anche il numero degli enti coinvolti contemporaneamente nello stesso procedimento burocratico. Senza questi cambiamenti, lo sviluppo dell’impresa italiana si troverà sempre in qualche modo ostacolato.

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