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Criptovalute: bene di rifugio in tempo di guerra?

La crescita dell’ecosistema crittografico durante il conflitto tra Russia e Ucraina

Il 16 marzo del 2022 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un disegno di legge relativo alla regolamentazione delle risorse virtuali in tempo di guerra. Il Governo di Kyïv ha ufficialmente legalizzato le criptovalute. Questo provvedimento è stato preso al fine di definire una precisa politica nel campo delle risorse virtuali, in modo tale da determinare l’ordine di circolazione degli asset virtuali e da rilasciare permessi ai fornitori di questi asset. Aumenta così la vigilanza e il monitoraggio dello stato sul sistema crittografico. Anche in tempo di guerra, la trasparenza finanziaria resta per molti aspetti una necessità. Stato nazionale e criptovalute vivono quindi un rapporto inedito, che aprirà sicuramente nuove prospettive a livello globale.

Nella prima settimana di marzo, l’Ucraina ha ricevuto quasi 108 milioni di dollari in criptovalute per la difesa del paese dall’invasione russa. Le donazioni sono state finalizzate all’acquisto di armamenti, di materiale sanitario e di beni di prima necessità. Ad esempio, la piattaforma di trading di criptovalute Kraken ha donato ben 10 milioni di dollari in Bitcoin ai suoi clienti ucraini. Il gruppo UkraineDao, invece, ha raccolto circa 7 milioni di dollari per la causa ucraina, mettendo all’asta NFT della bandiera ucraina. L’espressione “Dao” sta a indicare un’organizzazione autonoma distribuita, ovvero un’azienda automatizzata amministrata su Ethereum, la rete rivale di Bitcoin.

Questo ricorso alle criptovalute non è di certo una novità per gli ucraini. Già nel 2014, infatti, durante le proteste di Euromaidan, il “mining” di Bitcoin nelle terre del Dnipro aveva raggiunto apici inediti, tanto da arrivare a temere che i “miner” ucraini facessero crollare l’intera rete globale della criptovaluta. La metà dei Bitcoin di tutto il mondo sono stati prodotti proprio in Ucraina. Si stima inoltre che prima dell’inizio della guerra ogni anno entrassero e uscissero dal paese ben 8 miliardi di dollari in Bitcoin. Lo scambio giornaliero di criptovalute ha toccato i 150 milioni di dollari, arrivando quindi a superare il volume degli scambi bancari tradizionali. D’altronde, i sistemi finanziari ucraini non hanno mai goduto di troppa fiducia a livello internazionale. Con lo scoppio della guerra la situazione si è notevolmente aggravata, dal momento che la banca centrale ucraina ha ordinato la sospensione delle transazioni del mercato dei cambi e dei trasferimenti elettronici di fondi. Le criptovalute hanno rappresentato quindi una valida alternativa per molti risparmiatori e per molti investitori.

Si è fatto un importante ricorso alle criptovalute anche sul fronte opposto. Il 26 febbraio per fare pressione sul governo di Mosca, il blocco occidentale ha bloccato l’accesso di alcune delle più importanti banche russe al sistema di pagamento internazionale SWIFT. Sono state introdotte anche nuove sanzioni sul mercato russo e il rublo attualmente affronta una svalutazione senza pari. Per questo, sempre più cittadini russi decidono di fare ricorso alle criptovalute. Si è già parlato di inibire l’uso delle criptovalute agli oligarchi russi più fedeli a Vladimir Putin, ma in molti hanno già messo in salvo parte dei loro patrimoni milionari grazie a questo strumento.

In un contesto di guerra come l’attuale, possiamo quindi parlare di criptovalute come di bene rifugio? Non esattamente, occorre fare diverse considerazioni. Secondo Benjamin Dean, il director digital assets di WisdomTree Investments, le criptovalute come il Bitcoin hanno sovraperformato asset come oro, petrolio e dollaro americano. Tuttavia, il prezzo del Bitcoin resta sensibile ai momenti di shock più acuti del mercato, la sua volatilità non lo rende di certo il migliore dei beni rifugio. Più che come un bene rifugio in senso stretto, infatti, le criptovalute possono essere concepite come ottimi elementi di copertura di fronte al rischio politico. Non richiedono infatti stoccaggio fisico, hanno una politica monetaria fissa e godono di alta divisibilità. Sono facilmente accessibili da chiunque goda di connettività alla rete internet. Possiamo quindi dire che se vengono meno tutti i beni rifugio tradizionali (come l’oro, il dollaro americano, la sterlina, il franco svizzero, i diamanti, altre pietre preziose, opere d’arte di valore ecc.), il Bitcoin può rappresentare uno strumento valido e molto funzionale.

I dati disponibili sono ancora poco attendibili, tuttavia, secondo diverse stime, nelle ultime settimane in Ucraina e in Russia si sta registrando una cresciuta veramente significativa dell’ecosistema crittografico. Interessante notare che in fenomeno non riguarda più un segmento limitato della popolazione particolarmente interessato agli investimenti, ma fasce sempre più consistenti della cittadinanza. In questo momento, di fronte a uno scenario socio-economico sempre più instabile e aperto all’incertezza, sono proprio le persone comuni le prime a cercare nuove sicurezze.

 

Photo Credits:
Foto di TamimTaban per Pixabay

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